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Agenti Cancerogeni e/o mutageni: un tabù da sfatare

Gruppo Remark
Pubblicato da Gruppo Remark il 14/01/21 17.35
Categorie: News

Parlare di agenti cancerogeni e mutageni in azienda è considerato spesso un tabù. Molti imprenditori spesso mal consigliati da consulenti e/o RSPP impreparati non valutano questo rischio sia per ignoranza che per timore delle implicazioni che ne conseguono.

I motivi che inducono le aziende a non affrontare in modo adeguato la valutazione sono pertanto da ricercarsi in una complessità del processo valutativo ed in un inadeguato aggiornamento normativo.

Nei timidi casi in cui ci si approccia a tale fattore di rischio la valutazione si basa su una verifica superficiale dell’assenza di tali agenti nelle sostanze e miscele presenti in azienda, senza considerare le sostanze originate dai processi aziendali (riscaldamento, frantumazione, fusione, etc…). Tale approccio può indurre il datore di lavoro a sottostimare il rischio e tutte le misure di prevenzione e protezione ad esso correlate.

Spesso l’imprenditore non conosce la differenza tra gli stessi termini cancerogeno e mutageno ed il conseguente meccanismo di azione. Va innanzitutto osservato che l’individuazione di un effetto genotossico o epigenetico delle sostanze è in continuo divenire da parte della comunità scientifica. Si susseguono infatti scoperte che classificano molte sostanze di uso comune, e quindi non solo in ambito professionale come cancerogene o mutagene. È quindi fondamentale da parte del valutatore un continuo aggiornamento alla letteratura scientifica.

Solo negli ultimi anni si sono susseguite numerose direttive europee ( es. dir 2398/2017 dir.130/2019, etc) volte a classificare come cancerogene e mutagene molte sostanze di forte impatto nella vita quotidiana. A titolo di esempio e non esaustivo si ricordano:

Screenshot (234)

Come si evince non esiste settore del manifatturiero ove tale valutazione possa essere omessa!!

Il meccanismo stocastico con cui queste malattie si manifestano rende l’approccio spesso precauzionale essendo assente per alcune quello che viene in gergo detto valore di soglia (cioè il valore di concentrazione a cui si comincia a manifestare l’effetto mutageno). È infatti ormai consolidato che molte sostanze cancerogene o mutagene (Benzene, Idrocarburi policiclici aromatici, formaldeide, acroleina, etc…) sono presenti ubiquitariamente nell’aria a valori di concentrazioni misurabili e pertanto l’approccio valutativo non può che essere volto a determinare un significativo aumento di esposizione rispetto al valore presente in ambiente.

Ovviamente la definizione di adeguate misure di esposizione e protezione passa da una adeguata misura delle concentrazioni di tale agente sia nell’aria che per eventuale assorbimento cutaneo. Anche in questo caso l’esperienza del valutatore rappresenta un elemento fondamentale al fine di evitare errori grossolani di misura e di conseguente stima del rischio (es. strategie di campionamento e/o metodi di analisi sbagliati, studio parziale delle forme di esposizione, assenza di studi biologici, inefficienza dei sistemi di aspirazione).

La cenerentola finale è rappresentata dall’adempimento denominato “registro degli esposti” ad agenti cancerogeni e mutageni. Infatti ove è presente viene compilato in modo erroneo esponendo il Datore di Lavoro ad inutili rischi di denuncia di malattia professionale.

Gli errori più comuni sono:

  • registri inutili , ove non esiste un rischio per la salute
  • registri in modalità cartacea ( da due anni a questa parte è obbligatorio la gestione on line)
  • registri non aggiornati con frequenza triennale
  • dati errati o incompleti

È pertanto di fondamentale importanza che il datore di lavoro adotti un approccio proattivo alla valutazione, senza timori nè tabù perché tali sostanze vanno correttamente individuate, adeguatamente gestite e consapevolmente presidiate.